Cosa si nasconde al centro delle galassie, di tutte le galassie? Qualcosa di non visibile, ma capace di imprimere alle stelle che si trovano nelle vicinanze velocità di migliaia di chilometri al secondo, capace di scaldare la materia circostante a temperature di centinaia di migliaia di gradi, di lanciare getti di particelle a velocità prossime a quella della luce, fino a distanze di milioni di anni luce. Qualcosa di estremamente piccolo ma in grado, a volte, di rilasciare una quantità di energia centinaia, migliaia di volte più grande di quella emessa da tutte le stelle che formano la galassia in cui questo "qualcosa" si trova.
L'unica spiegazione ipotizzabile in grado di spiegare tutti questi fenomeni è che nel nucleo di ogni galassia esista quello che gli scienziati chiamano "un buco nero supermassivo". Un buco nero cioè con una massa da qualche milione fino a dieci miliardi di volte la massa del Sole, che attraverso il suo campo gravitazionale (e l'energia legata alla sua rotazione, o come si dice, al suo "spin") è in grado di spiegare alcuni dei fenomeni più estremi dell'Universo. Ma come e quando i buchi neri supermassivi si siano formati ancora non è chiaro.
Sappiamo che oltre 10 miliardi di anni fa, quando le galassie erano molto giovani, alcuni di loro già esistevano, sappiamo anche che oggi ogni galassia probabilmente ne ospita uno nel suo centro (ad esempio, al centro della Via Lattea si trova Sagittarius A*, un buco nero con una massa di 4 milioni di volte la massa del sole). D'altro canto sappiamo che buchi neri molto più piccoli, quelli prodotti dal ciclo evolutivo delle stelle (e quindi con masse di qualche decina di volte quella del Sole), inequivocabilmente esistono. La recentissima rivelazione delle onde gravitazionali da parte dell'interferometro LIGO ha infatti confermato la realtà di questi oggetti, predetti dalla Teoria della Relatività di Einstein e visti come necessario stadio finale della vita delle stelle più massicce.
Ma esiste una relazione fra i buchi neri di taglia stellare osservati da LIGO, e i "mostri comici" che si nascondono, e solo a volte si mostrano, al centro delle galassie? Possono essere questi ultimi il risultato di una lenta crescita in massa dei primi, i quali in miliardi di anni accrescono il gas circostante aumentando la loro massa? O invece i buchi neri supermassivi si sono formati già giganteschi, in processi che nulla hanno a che fare con l'evoluzione stellare? Oggi ancora non lo sappiamo, ed esistono osservazioni e modelli che supportano entrambe le visioni.
Un gruppo di astrofisici dell'Università del Michigan lo scorso anno ha interpretato alcune osservazioni in luce visibile e in raggi X di un galassia lontana come la presenza, nel suo centro, di un buco nero con una massa di 40mila volte la massa del Sole. Questo risultato, se confermato da studi indipendenti, potrebbe dirci che esistono buchi neri di massa intermedia fra quelli stellari ed i supermassivi, e che questi ultimi possono essere quindi l'evoluzione dei primi.
Non tutti gli scienziati concordano però con questa visione. Simulazioni idrodinamiche indicano che in certe condizioni, quando due galassie si scontrano (un evento non raro nel corso dell'evoluzione del cosmo), enormi quantità di gas vengono spinte verso il centro del nuovo sistema formatosi, e che tale gas può collassare dando vita direttamente ad un buco nero con una massa di, forse, un milione di volte la massa del Sole. L'accrescimento successivo di gas lo porterebbe poi, lungo la storia evolutiva della galassia al centro della quale si trova, a diventare un buco nero supermassivo.
Oggi la ricerca, sia attraverso osservazioni da terra e dallo spazio (ed in futuro da interferometri orbitali come la missione eLISA approvata dall'Agenzia Spaziale Europea), sia teorica con lo sviluppo di modelli di formazione ed evoluzione di questi oggetti, va avanti con grande slancio, e presto avremo un quadro più chiaro di come gli enormi buchi neri che albergano al centro delle galassie si siano formati e che ruolo hanno avuto (e hanno tutt'ora) nell'evoluzione del cosmo.
Francesco Haardt è Professore di Astrofisica e Cosmologia, Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia, Università degli Studi dell'Insubria. Astrofisico e cosmologo, i suoi principali interessi riguardano la fisica del mezzo intergalattico, la dinamica di buchi neri supermassivi, l'emissione di onde gravitazionali da questi sistemi, l'evoluzione delle galassie a grande redshift. È autore di oltre 150 articoli scientifici su riviste internazionali, con oltre 10,000 citazioni.