Blockchain è ancora la vera sconosciuta tra le tecnologie emergenti

Una ricerca svolta su un campione di cittadini e aziende italiane svela che bisogna ancora attendere che si diffonda la consapevolezza riguardo blockchain e le sue potenzialità.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Il Digital Transformation Institute (DTI), insieme a Cmft, ha fatto una ricerca sulle parole delle tecnologie più recenti, con attenzione alle applicazioni industriali. Il risultato mostra che "solo l'11% dei consumatori conosce il termine blockchain, l'81% non l'ha mai usato e il 65% delle aziende ne fa un utilizzo nullo o molto basso". Altre tecnologie "di frontiera", come per esempio l'Intelligenza Artificiale, vantano invece una penetrazione migliore.

Ed ecco che il comunicato di DTI parla di blockchain come la "vera sconosciuta tra le tecnologie emergenti. Ben il 52% degli intervistati non ha mai nemmeno sentito il termine, il che potrebbe apparire assurdo a chi legge riviste specializzate come Tom's Hardware. Ma evidentemente c'è parecchia gente che non le legge.

Concentrandosi su quell'undici percento di persone che ha sentito almeno parlare di blockchain, l'indagine prosegue per capire quanto bene la conoscono. Gli intervistati "l'hanno definita come un database distribuito che sfrutta la tecnologia peer-to-peer o come un archivio storico aperto che condivide tutte le transazioni ad esempio di bitcoin. In molti hanno associato la parola a certificazione, sicurezza, criptovaluta e bitcoin.

Alcuni hanno anche già esperienze concrete, sebbene siano pochissime le persone e le aziende che usano blockchain abitualmente in contesti professionali. Le esperienze si limitano nella maggior parte dei casi alla compravendita di criptovalute. Tra chi non ha mai provato, il "30% dichiara di sentirsi a disagio nel farlo per ragioni legate alla immaterialità e volatilità, alla sicurezza e alla complessità d'uso".

C'è interesse però rispetto ai potenziali utilizzi al di là della speculazione finanziaria, come l'intermediazione nell'acquistare un'auto, nel garantire l'autenticità di un titolo di studio o di altro documento, nel riconoscere l'identità di una persona o di un'organizzazione o nel certificare la provenienza di un prodotto alimentare senza la necessità di organismi di verifica e certificazione. Tutti contesti in cui si potrebbe senz'altro usare blockchain; ci sono diverse sperimentazioni in corso, che hanno fatto emergere pregi e difetti.

Guardando alle imprese, nel 65% dei casi blockchain si usa poco o niente, e solo nel 13% se ne fa un uso medio-alto. I cambiamenti si avvicinano, ma lentamente: "nei prossimi tre anni la situazione risulta essere non molto molto differente: criptovalute non saranno prese in considerazione dal 54% delle aziende; crowdfunding dal 35%; smart property dal 32%. Una previsione che va oltre i tre anni fa registrare un 27% delle aziende interessate al prediction market, un 22% al crowdfunding, un 19% agli smart contrats e un 16% agli energy markets".

"I risultati non devono stupire – afferma Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute – in quanto parliamo di una soluzione che, uscendo dal ristretto nucleo di chi a vario titolo se ne occupa, è ancora giovane e lontana dai consumatori". D'altra parte, insiste Epifani, la maggior parte di noi non ha mai sentito parlare di cloud computing eppure lo usa tutti i giorni.

Per quanto riguarda blockchain, dunque, secondo Epifani siamo ancora in anticipo sui tempi. Se ancora non c'è stata un'esplosione, in altre parole, è ancora troppo presto per parlare di fallimento.  Blockchain potrebbe senz'altro innescare quella rivoluzione tecnologica di cui si è parlato a più riprese, e secondo molti c'è tutto il potenziale necessario.

In questa fase, la diffusione della consapevolezza è ancora l'elemento determinante, come ricorda il presidente di Assintel Giorgio Rapari: "ci sono almeno due elementi che vanno presi in considerazione: da una parte l'azione delle Istituzioni, che devono sostenere il corretto sviluppo di questa tecnologia per consentire al nostro sistema di imprese di mantenere un buon livello di competitività. Dall'altra la capacità delle aziende di Information Technology di veicolare in maniera corretta le opportunità di queste soluzioni verso le aziende clienti"

Metodologia e campione di ricerca

L'indagine è stata condotta, tra agosto e settembre 2018, con tecnica Cawi/Cami (Computer Aided Web/Mobile Interview) su un campione nazionale di 1.000 utenti rappresentativo della popolazione italiana per genere, età e zona di residenza. Per le aziende il campione è rappresentato da associate Assintel, associazione nazionale di riferimento delle imprese ICT e digitali di Confcommercio-imprese per l'Italia.

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