Airbnb, il servizio online per l'affitto di appartamenti e case vacanza, è sotto duro attacco a Barcellona. Il sindaco Ada Colau della lista civica "Barcelona en comù" – sostenuta dal movimento Podemos – ha deciso di adottare il pugno duro contro la sharing-economy applicata al settore turistico. "Segnalate chi affitta casa in modo non regolare" è il nuovo mantra in giunta.
L'effetto è stato devastatane perché in un mese sono arrivate ben 400 denunce e di conseguenza è scattata la chiusura di almeno 256 appartamenti. Colau ha imposto una multa di 60mila euro a Airbnb e HomeAway poiché conniventi con il fenomeno irregolare.
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Tutto si deve a una norma approvata in Catalogna nel 2002. Gli appartamenti in affitto dovrebbero essere inseriti in un apposito registro e dal 2014 mostrare il codice correlato negli annunci. Sulle piattaforme online nessuno indica questo elemento e quindi il sindaco ha deciso di approfittarne per fare pulizia. Il problema è che servizi come Airbnb andrebbero considerati come hosting provider, ovvero vetrine di annunci altrui quindi senza una responsabilità diretta.
È evidente che è in atto una battaglia di interessi. Da una parte i professionisti del settore e dall'altra i proprietari di appartamenti che hanno trovato un modo per rimpolpare il reddito. Non meno importante il fatto che i residenti di quartieri normalmente non sfiorati dal turismo si sono ritrovati con un "giro" di vicini a dir poco inaspettato.
Insomma, Airbnb è nell'occhio del ciclone. A Berlino i proprietari di appartamenti non titolari di regolare licenza per affittare rischiano una sanzione amministrativa fino a 100mila euro. A San Francisco è stata imposta una tassazione del 14% a chi svolge l'attività di intermediario online, la registrazione in un registro e l'obbligo assicurativo. In Quebec si sta valutando la possibilità di imporre ad Airbnb le stesse regole che devono rispettare gli alberghi.