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a cura di Redazione Diritto dell’Informatica

Nell’ambito della lotta alle discriminazioni, una tematica particolarmente attuale è quella dell’accessibilità degli strumenti informatici. In questo campo, per accessibilità si intende la capacità degli strumenti di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di soggetti portatori di disabilità, eventualmente predisponendo le tecnologie o configurazioni particolari necessarie (c.d. tecnologie assistive).

Abbiamo detto che si tratta di una tematica attuale non solo perché riguarda il mondo dell’informatica, ma anche perché a breve scadrà il termine previsto per i soggetti privati per conformarsi alle regole in materia. Infatti, mentre le amministrazioni pubbliche sono sempre state obbligate a rendere i propri siti, app e servizi informatici accessibili, tale dovere è stato esteso nel 2020 alle aziende di dimensioni particolarmente grandi e, a partire dal 2025, sarà esteso a tutti gli operatori economici.

Ti segnaliamo il nostro nuovo video che tratta proprio di questa tematica:

Accessibilità, app e siti: chi è obbligato a adeguarsi?

In Italia il tema dell’accessibilità è regolato dalla Direttiva Europea 2016/2102 e dalla legge del 9 gennaio 2004, n. 4, che inizialmente, come abbiamo accennato, si preoccupava di garantire l’accesso delle persone disabili ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione, ai servizi di pubblica utilità e ai siti/app erogati dai soggetti beneficiari di contributi pubblici o agevolazioni.

Nel 2020, si è deciso di richiedere il rispetto delle regole in materia anche ai «soggetti giuridici diversi da quelli di cui al comma 1, che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro». Questi soggetti hanno tempo fino al 28 giugno 2022 per adeguarsi alle nuove prescrizioni, in particolare alle Linee Guida adottate dall’Agenzia competente, che analizzeremo tra poco.

Oggi, quindi, il requisito dell’accessibilità deve essere soddisfatto non soltanto dalle amministrazioni pubbliche, ma anche dai soggetti privati che ricoprono una posizione particolarmente rilevante. Ma non finisce qui: la Direttiva UE 2019/882, attualmente in corso di recepimento in Italia, estende l’applicabilità della disciplina a tutti gli operatori economici, i quali saranno tenuti ad attenersi alle nuove regole a partire dal giugno 2025.

I casi di deroga: l’onere sproporzionato

Nonostante l’intenzione sia chiaramente quella di estendere il più possibile l’applicabilità del requisito dell’accessibilità, continuano ad esserci alcuni casi in cui si può essere esonerati. Ci riferiamo in particolare al caso della sussistenza del c.d. onere sproporzionato per l’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili. Il che significa che le prescrizioni in materia di accessibilità non si applicano qualora comportino un onere sproporzionato a carico del soggetto erogatore, cioè un onere organizzativo o finanziario eccessivo, o che potrebbe in qualche modo danneggiare la funzionalità dei servizi.

Le Linee Guida sull’accessibilità degli strumenti informatici da poco adottate dall’Agenzia per l’Italia Digitale, di cui parleremo approfonditamente più avanti, si occupano di chiarire più nello specifico il concetto di onere sproporzionato, affermando che la sussistenza di un…

  • onere organizzativo eccessivo deve essere verificata tenendo conto tra le altre cose, delle dimensioni e delle risorse del soggetto;

  • onere finanziario eccessivo deve essere valutata considerando il rapporto tra i costi necessari per garantire la piena accessibilità e i benefici apportati per le persone con disabilità;

  • pregiudizio per l’erogazione di servizi/informazioni deve essere comprovata verificando che gli strumenti tecnici volti a garantire l’accessibilità siano davvero incompatibili con i compiti del soggetto.

E inoltre, attenzione: la legge chiarisce che il tempo che serve a rendere il sito accessibile, per quanto lungo, e la necessità di acquisire informazioni relative agli obblighi non sono mai motivazioni sufficienti a integrare il caso dell’onere sproporzionato.

Abbiamo dunque visto quali siano i soggetti destinatari e le condizioni di applicabilità della legge: ma cosa significa, in concreto, accessibilità?

L’accessibilità degli strumenti informatici: i requisiti dettati dalla legge

La c.d. Legge definisce i siti web e le applicazioni accessibili con i seguenti aggettivi: percepibili, utilizzabili, comprensibili e solidi. L’articolo 3 bis, che riportiamo qui sotto, arricchisce la definizione presentando le qualità specifiche che il servizio deve possedere:

«2. Sono accessibili i servizi realizzati tramite sistemi informatici, inclusi i siti web e le applicazioni mobili, che

presentano i seguenti requisiti:

a) accessibilità al contenuto del servizio da parte dell'utente;

b) fruibilità delle informazioni offerte, caratterizzata da:

1) facilità e semplicità d'uso, assicurando, fra l'altro, che le azioni da compiere per ottenere servizi e informazioni siano sempre uniformi tra loro;

2) efficienza nell'uso, assicurando, fra l'altro, la separazione tra contenuto, presentazione e modalità di funzionamento delle interfacce, nonché la possibilità di rendere disponibile l'informazione attraverso differenti canali sensoriali;

3) efficacia nell'uso e rispondenza alle esigenze dell'utente, assicurando, fra l'altro, che le azioni da compiere per ottenere in modo corretto servizi e informazioni siano indipendenti dal dispositivo utilizzato per l'accesso;

4) soddisfazione nell'uso, assicurando, fra l'altro, l'accesso al servizio e all'informazione senza ingiustificati disagi o vincoli per l'utente.»

Nel caso in cui non avessi ancora capito quali caratteristiche deve possedere il tuo sito per essere accessibile, non preoccuparti: le Linee Guida dell’Agenzia per l’Italia Digitale, infatti, danno indicazioni ancora più precise. Vediamole insieme.

Cosa richiedono le nuove linee guida AgID?

Innanzitutto, chiariamo cos’è L’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID): si tratta dell’agenzia tecnica della Presidenza del Consiglio che si occupa di promuovere l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e di favorire innovazione, progresso e crescita economica.

Tra le sue funzioni, l’AgID ha il compito di controllare che le norme in materia di accessibilità vengano rispettate, e di dettare regole specifiche contenute nelle succitate linee guida. Lo scorso 26 aprile, solo due mesi prima dalla scadenza prevista per il loro adeguamento alla normativa, l’agenzia ha adottato le “Linee guida sull’Accessibilità degli strumenti informatici per i soggetti erogatori di cui all’art. 3 comma 1 bis” (ovvero, come abbiamo visto, i soggetti privati con un fatturato medio, negli ultimi tre anni, superiore ai 500 milioni di euro).

Nel documento vengono specificati: i requisiti tecnici per l’accessibilità, con riferimento alle norme tecniche europee rilevanti; i metodi di verifica dell’accessibilità degli strumenti informatici; le indicazioni da inserire nella dichiarazione di accessibilità e, come abbiamo visto poco più su, la definizione specifica dei casi di onere sproporzionato.

La dichiarazione di accessibilità: cosa fare?

Dopo aver conformato il sito web o l’applicazione alle norme di legge e alle Linee guida, manca un ultimo passo per essere completamente in regola: il rilascio di una Dichiarazione di accessibilità.

La dichiarazione è un documento che va rilasciato ogni anno, entro il 23 settembre, che informa il pubblico della conformità del servizio alle regole dei siti e delle applicazioni. Per facilitare il compito, l’AgID mette a disposizione sul suo sito un “Modello di dichiarazione di accessibilità”, al quale il soggetto obbligato deve rigorosamente attenersi.

Nel documento si deve dare conto dell’eventuale presenza di sezioni di sito web/di applicazione che non sono accessibili per onere sproporzionato, specificando le motivazioni necessarie; si deve descrivere quale meccanismo sia messo a disposizione degli utenti per consentire loro di segnalare direttamente al soggetto erogatore eventuali difetti riscontrati nello strumento in termini di accessibilità (feedback); il link alla procedura di attuazione, attivabile davanti al Difensore civico per il Digitale in caso di contestazione o di esito insoddisfacente del monitoraggio.

Da un punto di vista tecnico, ricordiamo che la Dichiarazione compilata deve essere linkata, per quanto riguarda i siti web, nel footer, cioè nello spazio in fondo alla pagina che solitamente ospita, per l’appunto, collegamenti vari; per quanto riguarda le app, il link deve essere riportato nella sezione dedicata alle informazioni generali riportate nello store e nel sito web del produttore. Si tratta di un’accortezza semplice ma fondamentale, in quanto anche la sola assenza della dichiarazione dal sito espone i soggetti erogatori al rischio di subire importanti sanzioni.

Conseguenze e sanzioni in caso di violazione

In conclusione, ci resta solo da capire quali siano le conseguenze in caso di violazione delle regole che abbiamo visto. E in effetti, anche da questo profilo si coglie chiaramente l’importanza nella normativa. Innanzitutto, ricordiamo che ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della Legge Stanca, i soggetti pubblici e privati destinatari della legge «non possono stipulare, a pena di nullità, contratti per la realizzazione e la modifica di siti web e applicazioni mobili quando non è previsto che essi rispettino i requisiti stabiliti dalle linee guida». In altre parole, questo vuol dire che il contratto deve prevedere il rispetto delle linee guida, o potrà essere annullato.

Inoltre, come abbiamo già accennato, se si riscontrano dei problemi di accessibilità e se il feedback inviato all’erogatore non riceve riscontro, è possibile fare ricorso al Difensore civico per il Digitale, soggetto preposto alla tutela dei diritti digitali dei cittadini, attivando così la c.d. procedura di attuazione (se vuoi scoprire di più sui diritti digitali e sulla cittadinanza digitale, clicca qui).

Sono anche previste delle sanzioni. Innanzitutto, ti ricordiamo che ad accertare le mancanze e a irrogare le sanzioni è sempre l’AgID. In particolare, dopo l’accertamento della violazione, al responsabile viene concesso un termine entro il quale deve eliminare le infrazioni; tuttavia, se allo scadere del termine la violazione persiste, l’Agenzia infligge una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 5% del fatturato.

Non bisogna dimenticare poi che la normativa oggetto del nostro articolo ha il preciso scopo di eliminare le discriminazioni delle persone portatrici di disabilità; di conseguenza, in caso il soggetto vittima dell’infrazione può sempre agire ai sensi della legge 1 marzo 2006, n.67, “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”.

Rispettare i requisiti dettati dalla legge e dalle linee guida, rimanendo sempre al passo con le novità legislative, non è affatto semplice. Se hai bisogno di supporto ti consigliamo di rivolgerti al nostro partner Studio Legale FCLEX, chiedendo dell’Avvocato Giuseppe Croari, che si occupa da anni di fornire assistenza alle aziende nel campo del diritto dell’informatica e delle nuove tecnologie.

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