Sono ormai mesi che il valore delle criptomonete, Bitcoin prima di tutte, è in calo. E nelle ultime ore si sono toccati nuovi record di ribasso, con valori che non si vedevano da anni e che hanno reso la follia dello scorso dicembre un pallidissimo ricordo. Ma perché sta succedendo? Si possono applicare le stesse valutazioni dei "normali" mercati borsistici? Nathaniel Popper, giornalista finanziario del New York Times, crede che le ragioni siano specificamente inerenti alla questione criptovalute. Secondo Popper ci sono almeno cinque ragioni per cui stiamo assistendo a questo fenomeno
La mancanza di regole
Se esiste una "filosofia del bitcoin", si basa probabilmente sull'assenza di controlli centrali, siano essi banche o stati. L'idea di una valuta assolutamente libera è sicuramente un'immagine potente, ma l'assenza di regole significa anche che è molto facile giocare sporco. Furti e truffe sono all'ordine del giorno, e non è sempre possibile risalire ai colpevoli e incriminarli. Dai "semplici" (virgolette obbligatorie) investitori ai gestori di exchange, le persone che possono alterare il mercato sono parecchie. Secondo Popper questo fenomeno, nel tempo, ha minato nel profondo la fiducia degli investitori onesti.
Le regole stanno arrivando
Se da una parte il far west scoraggia qualcuno, dall'altra è il sogno di altri. Un sogno che però si fa via via più piccolo, più modesto; perché le autorità di tutto il mondo approvano ogni giorno nuove leggi che limitano le possibilità di azione. C'è chi ha dichiarato illegali le ICO, chi impedisce l'accesso agli exchange, chi pretende tassazioni sgradite ai sostenitori della libertà assoluta.
Queste norme hanno obiettivi molteplici, dalla tutela dei piccoli risparmiatori alla difesa di questo o quell'interesse (pubblico o privato). Sta di fatto che muoversi a briglia sciolta è ogni giorno più difficile. I meno tenaci cominciano ad allontanarsi da quello che una volta sembrava un nuovo Eldorado.
Gestione in mano agli sviluppatori
Ci sono migliaia di criptovalute, ognuna fa riferimento a un progetto specifico, e ogni progetto è gestito principalmente da sviluppatori. Personale tecnico con una preparazione specifica ma, Popper cita la nascita di Bitcoin Cash e la sua recente divisione in altri due gruppi, con una certa tendenza a creare caos. Azioni come queste, dice il giornalista, inerentemente riducono la fiducia. Un altro elemento che allontana gli investitori.
La continua nascita di nuove monete, dovuta appunto all'atteggiamento "da sviluppatore" andrebbe inoltre ad annullare l'idea di scarsità. Perché sarà anche vero che al mondo ci saranno, alla fine, solo 21 milioni di Bitcoin. Ma conta ben poco se ci sono anche miliardi di valute alternative.
Mancano applicazioni reali
Gli esperimenti e le proposte per usare blockchain sono tantissimi, ma di casi concreti, di scenari in cui una criptovaluta è entrata davvero nel mondo reale e ha fatto la differenza, non ce ne sono. Si diceva che presto sarebbe finita la fase delle criptovalute come bene speculativo, e sarebbe iniziata una nuova epoca di applicazioni tecnologiche. A oggi però ciò che si può fare con blockchain si può fare anche con altri sistemi, più semplici. Pare che molti si stiano stancando di aspettare.
I governi potrebbero entrare in partita e fare meglio
L'ultimo punto sollevato da Popper è anche il più sensibile. I governi nazionali e le banche centrali potrebbero - sembra probabile - creare ognuno la propria valuta digitale. Non per creare fantasiosi sistemi elettorali o ottenere pagamenti più veloci (quelli che abbiamo sono già veloci abbastanza), ma per migliorare anche solo un pochino la trasparenza e l'affidabilità del sistema monetario esistente. E nel farlo potrebbero togliere alle criptovalute indipendenti molte ragioni di esistere.