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a cura di Elena Re Garbagnati

Il Demonstration For Autonomous Rendezvous Technology (da non confondere con il più recente Double Asteroid Redirection Test) avrebbe dovuto essere un passo avanti fondamentale nella capacità di una navicella spaziale di effettuare autonomamente il rendez-vous in orbita con i satelliti. Secondo il programma, DART avrebbe dovuto raggiunge il satellite per le comunicazioni in disuso MUBLCOM ed eseguire diverse operazioni nell'arco di 24 ore. Sfruttando un sensore di guida avanzato basato su GPS, il software Autonomous Rendezvous and Proximity Operations avrebbe dovuto testare algoritmi per il calcolo e la successiva esecuzione di manovre atte a orbitare attorno all'obiettivo evitando la collisione. Il tutto senza l'intervento umano.

La missione fallì perché DART non riuscì ad effettuare il rendez-vous. Il veicolo usò più propellente del previsto e in 11 ore finì il carburante, quindi precipitò nell'Oceano. Sebbene non fosse noto all'epoca, DART si era effettivamente scontrato con il satellite target, 3 minuti e 49 secondi prima di iniziare le manovre di allontanamento. Nella relazione stilata dalla commissione d'indagine si legge che su un totale di 27 obiettivi DART ne raggiunse integralmente o parzialmente solo 11. Fortunatamente non causò danni al satellite di rendezvous.

Dopo la collisione entrambi i veicoli spaziali rimasero in orbita, quindi le analisi vennero effettuate basandosi sull'analisi dei dati di telemetria. Ne risultò che in mancanza di un sistema di uplink i tecnici a Terra non poterono intervenire quando si accorsero del consumo esagerato di carburante. Quest'ultimo fu causato dall'incapacità di DART di determinare correttamente la sua distanza da MUBLCOM. Il sistema di prevenzione delle collisioni di DART funzionò ma, in mancanza di un corretto posizionamento, si attivò solo 1 minuto e 23 secondi prima della collisione, non abbastanza per evitarla.

Illustrazione artistica di DART in avvicinamento dal satellite target. Crediti: Orbital Sciences.

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