"Non abbiamo giocato sporco, volevano solo un accordo come quello siglato con YouTube. Il tribunale è sempre l'ultima possibilità", ha dichiarato Peter Lofrumento, portavoce di Universal.
Google/YouTube, infatti, ha sottoscritto un documento di impegno con la stessa Universal, Warner Music e Sony BMG per far fronte al problema dei contenuti illegali e gestire al meglio anche il business pubblicitario. Insomma, da una parte l'attività gira intorno al traffico generato dagli utenti, e quindi dalla qualità del posting online; dall'altra le major sembrerebbero pronte a denunciare ogni violazione riscontrata. Google, secondo Associated Press, non a caso, avrebbe accantonato 200 milioni di dollari in azioni per coprire le possibili spese legali generate da YouTube.
La questione di fondo, comunque, è che le accuse mosse da Universal nei confronti di MySpace sono intrise di una "genericità" così elevata da poter mettere in discussione l'intera dimensione web 2.0. Secondo la denuncia, la piattaforma di media-sharing "fornisce agli utenti tool che permettono di uplodare copie video pirata e di distribuirle senza limitazioni". Una critica che effettivamente potrebbe essere mossa a Google Video, Grouper, Metacafe e VideoCodeZone.
La parola adesso passerà ai giudici della U.S. District Court di Los Angeles e alla loro interpretazione non solo della Legge, ma anche della sentenza della Corte Suprema che fece chiudere Grokster. In quel caso la Corte sentenziò che la violazione dei diritti di copyright, da parte di una piattaforma, è correlata ad alcuni aspetti specifici. Ad esempio, se il servizio è in grado di essere utilizzato anche per usi legali, e anche se è in grado magari di intervenire attivamente sulle irregolarità dei suoi utenti.