Le telecom hanno paura del VoIP

Le applicazioni VoIP sono sotto attacco da più fronti. Perché?

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a cura di Pino Bruno

Il VoIP fa paura. E' il nuovo spettro che si aggira per il mondo, l'incubo dei gestori telefonici del pianeta, che lo usano a loro piacimento ma non vogliono farlo usare (gratis o a prezzi contenuti) agli utenti. Le lobbies contrastano il VoIP con tutti i mezzi.

Negli Stati Uniti AT&T ha imposto a Apple di rimuovere l'applicazione Google Voice dal suo Store, e Apple ha subìto il ricatto. La FCC ha aperto un'indagine e staremo a vedere come finirà. Il VoIP libero è eversivo, suggeriscono le telecom, con una campagna mediatica che ha fatto effetto su molti governi. Lo usano i terroristi, dicono, perché, con la crittografia, non si fanno intercettare.

 

La campagna mediatica è cominciata qualche anno fa. Nel 2007 The Register rese noto il contenuto di alcune mail inviate da Vodafone UK ai suoi clienti, per sottolineare la pericolosità del VoIP. 

Sarà un caso, ma proprio quando i servizi VoIP di portabilità del numero - SkypeIn e Google Voice, per citare i più conosciuti - cominciano a superare la fase pioneristica, l'offensiva diventa più cruenta. Google Voice, come dicevamo, interdetta agli utenti di iPhone, e Skype travolta da una pretestuosa bega giudiziaria che mette a rischio il futuro dell'applicazione.

 

L'applicazione Skype rilasciata da App Store, per esempio, non permette di fare telefonate con la rete UMTS. L'uso è possibile solo se si è agganciati al Wi-Fi.

Coincidenze? Fate voi. Certo è che il VoIP è la killer application degli ultimi anni, perché svincola la comunicazione dai limiti territoriali e tariffari e abbatte le barriere imposte dai gestori telefonici alla portabilità del numero. E' un patrimonio che la comunità digitale deve difendere a tutti i costi.

La vicenda Apple - Google Voice - AT&T, ad esempio, fa venire in mente a James A. Martin, di PC World, di proporre il jailbreak dell'iPhone come gesto di disubbidienza civile. "…per la prima volta - scrive Martin - il jailbreaking non appare più come un atto illegale. In realtà è un piccolo atto di disobbedienza civile contro le forze che hanno troppo controllo su ciò che si può e non si può fare".

Ringraziamo Pino Bruno per l'articolo.
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