Il Governo Monti ha deciso di puntare sull'open source per la Pubblica Amministrazione. Il Decreto Sviluppo 2012 (legge n. 134 del 7-8-2012), approvato quest'estate, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale con alcune modifiche, contiene infatti una serie di "Misure urgenti per l'agenda digitale e la trasparenza nella pubblica amministrazione".
Da rilevare soprattutto la nuova modalità di acquisto per i programmi informatici (o parti di essi). Le pubbliche amministrazioni e i rispettivi consulenti dovranno procedere a una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le soluzioni disponibili sul mercato.
Nello specifico si parla di: software sviluppato per conto della pubblica amministrazione, riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione, software libero o a codice sorgente aperto o software combinazione delle precedenti soluzioni.
L'Italia ha svoltato?
"Solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l'impossibilità di accedere a soluzioni open source o già sviluppate all'interno della pubblica amministrazione a un prezzo inferiore, è consentita l'acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso", sottolinea il decreto.
"La valutazione di cui al presente comma è effettuata secondo le modalità e i criteri definiti dall'Agenzia per l'Italia Digitale, che, a richiesta di soggetti interessati, esprime altresì parere circa il loro rispetto".
Uno dei limiti di questa normativa, secondo gli addetti ai lavori, è che manca totalmente una definizione precisa per l'open source. In pratica il rischio è che nel mercato alcune software house possa approfittare di questa "etichetta" per piazzare sul mercato prodotti proprietari. In ogni caso è un buon inizio; sempre che i super-consulenti della PA sappiano rilevare attentamente i costi a breve, medio e lungo termine.