Questo è il secondo di una serie di contenuti relativi a problemi e soluzioni per la colonizzazione di Marte. Dopo il problema delle radiazioni, oggi esploreremo le incognite del viaggio, che sono molte e complesse da risolvere.
Quando sarà il momento di inviare equipaggi umani su Marte il primo problema da affrontare sarà quello relativo al viaggio. A parte le radiazioni - a cui abbiamo già dedicato un capitolo a sé stante - la questione è ben più complessa di quanto si potrebbe supporre. Implica infatti la progettazione e la realizzazione di motori a razzo capaci di raggiungere il Pianeta Rosso - e magari tornare indietro sia per motivi economici, sia per garantire agli astronauti la possibilità di tornare a casa. Serviranno inoltre navicelle spaziali in grado di ospitare un equipaggio indicativamente di sei persone per mesi, provviste sufficienti per il sostentamento, e la gestione dei molti effetti collaterali che vedremo in articoli successivi.
Terra-Marte, un viaggio lungo e complicato
La Terra e Marte orbitano attorno al Sole con orbite ellittiche. Questo porta i due pianeti e trovarsi a differenti distanze in diversi momenti dell'anno. Mediamente il Pianeta Rosso si trova a 225 milioni di km dalla Terra, ma ci sono momenti in cui si trova a circa 360 milioni di km, altri in cui la distanza si accorcia fino a 55-101 milioni di chilometri (accade all'incirca ogni 26 mesi). Per questo ci sono quelle che vengono definite finestre di lancio legate al periodo di rivoluzione e che per il viaggio verso Marte si verificano ogni due anni circa.
Per dare un'idea delle variazioni di tempo a cui è soggetto un viaggio verso il Pianeta Rosso, la sonda spaziale Viking 2 della NASA fu lanciata il 9 settembre 1975 e arrivò su Marte dopo 333 giorni, mentre il rover Curiosity fu lanciato il 26 novembre 2011 e arrivò su Marte il 6 agosto 2012, 235 giorni dopo. Impiegò decisamente meno tempo la Mariner 9, che decollò il 30 maggio del 1971 e arrivò su Marte 167 giorni dopo.
I razzi: a carburante, a ioni, riutilizzabili?
Uno dei settori più in fermento in questo momento è quello missilistico. Molti enti sono occupati nello sviluppo di nuove tecnologie adatte al viaggio verso Marte; in questa sede per esigenze di sintesi esporremo solo le opzioni maggiori.
Partiamo con la NASA, che è fra le agenzie spaziali maggiormente focalizzate sulla colonizzazione marziana, almeno secondo i desideri dell'attuale Presidente in carica Obama. Soppresso il programma Shuttle, l'Agenzia ha deciso di appoggiarsi all'azienda Aerojet Rocketdyne per i motori a razzo RS-25 per il prossimo Space Launch System (SLS). Una scelta tattica, perché i 16 RS-25 sono un'eredità del programma Space Shuttle, e il loro impiego permetterebbe di ridurre i costi di sviluppo. Il lavoro da fare in questo caso consiste nel riadattare gli RS-25 in modo da poterli usare con l'SLS.
Quanto a quest'ultimo, è attualmente allo sviluppo presso Boenig e si tratta di un vettore da 117 metri capace di trasportare un carico di 143 tonnellate. Il primo volo di prova di SLS è in programma per il prossimo anno, o al massimo entro settembre 2018.
Proprio l'ingresso in scena delle aziende private potrebbe essere la chiave di volta per lo sbarco su Marte. Da una parte sono co-protagonisti indispensabili per tagliare i costi, dall'altra stanno dando vita a una forte competizione che potrebbe accelerare lo sviluppo di nuove tecnologie. In prima fila ci sono la già citata Boeing e SpaceX.
La prima è uno storico contraente NASA, costruttrice del primo stadio del razzo Saturn V che ha portato gli astronauti sulla Luna. Ma non può sedersi sugli allori perché dall'altra parte c'è un agguerrito Elon Musk che intende atterrare per primo su Marte, nel 2024. Vorrebbe farlo impiegando il Falcon Heavy, che stando alle informazioni attuali avrà 42 motori Raptor capaci di 128 meganewton di spinta. In altre parole, parliamo di una potenza tre o quattro volte maggiore di quella di un Saturn V nell'era delle missioni Apollo. Inoltre dovrebbe atterrare in piedi e poter essere riutilizzato, per contenere i costi.
Il terzo protagonista dell'arena è Blue Origin, che dai voli per il turismo spaziale ha di recente ampliato la visuale annunciando un razzo da 95 metri che secondo i progetti sarà capace di arrivare su Marte. Si chiama New Glenn, avrà due o tre stadi, sarà riutilizzabile e secondo i dati tecnici sarà ancora più imponente dei Falcon Heavy.
La Russia avrebbe intenzione di testare razzi a propulsione nucleare, che dovrebbero permettere di raggiungere Marte in sei settimane. I test dovrebbero iniziare nel 2018 e se tutto andrà per il meglio una soluzione di questo tipo potrebbe essere utilizzata per trasportare i cosmonauti sul Pianeta Rosso nel 2033. Se ne sta occupando il gruppo nucleare Rosatom e stando alle informazioni note dovrebbe garantire due vantaggi - oltre a un sostanziale taglio dei tempi. Avrebbe un'efficienza di spinta di oltre il doppio rispetto a quella di un razzo a propulsione chimica, quindi per ottenere la stessa spinta basterebbe un razzo con una massa dimezzata. Secondo, a differenza della tecnologia esistente che utilizza traiettorie definite, un motore nucleare consentirebbe anche di effettuare manovre durante il volo.
Ricordiamo che l'opzione del nucleare è già stata impiegata in passato sia dalla Russia sia dagli USA. Non a caso la fusione nucleare è anche al centro di una ricerca della University of Washington, dietro finanziamento NASA. Anche in questo caso il motivo principale alla base dell'interesse è la necessità di accorciare i tempi di percorrenza.
Ma non è tutto, perché fin qui abbiamo parlato di progetti con tecnologie note e di visioni in cui la possibilità di riutilizzare il razzo è la novità caratterizzante. Ma ci sono progetti ben più arditi.
Allargando ancora il campo e spostandoci sul filo che separa Scienza e Fantascienza, c'è l'opzione del motore ionico. NASA e Agenzia Spaziale Europea stanno testando propulsori a effetto Hall (un tipo di motore ionico) per alimentare le future missioni. Il motivo è che utilizza 10 volte meno propellente rispetto ai razzi chimici di dimensioni equivalenti. Prospetterebbero quindi un risparmio sui costi del propellente, oltre a promettere di funzionare per lunghi periodi di tempo combinando il gas inerte e l'elettricità generata per esempio dall'energia solare.
Chiudiamo con l'EM Drive, un motore a propulsione magnetica che secondo recenti test potrebbe funzionare nonostante l'evidente contrasto con la terza legge del moto di Newton. Ci vorranno altri test per capire se effettivamente i valori finora rilevati siano attendibili, e la fase di sviluppo di un eventuale razzo con questo sistema di propulsione non è dietro l'angolo.
Navicelle spaziali
Se il razzo è fondamentale per raggiungere Marte, la navicella spaziale in cui alloggiare l'equipaggio non è da meno. Al momento gli astronauti viaggiano da e verso la ISS nella capsula russa Soyuz, dove siedono rannicchiati l'uno accanto all'altro. Se per una percorrenza di poche ore una soluzione del genere è accettabile, per un viaggio verso Marte, della durata che abbiamo ipotizzato, non lo è affatto.
Gli astronauti avranno bisogno di sgranchirsi le gambe, di nutrirsi, di curare eventuali problemi di salute, e di svolgere attività che li tengano in salute e in forze in vista dello sbarco su Marte.
SpaceX propone l'ambizioso progetto del Mars Colonial Transporter (o Interplanetary Transport System), un'enorme astronave capace di trasportare 100 persone per ogni viaggio (questo l'obiettivo da perseguire al momento) e di arrivare fino a 200 persone successivamente.
Locheed Martin sta lavorando sulla capsula Orion, che ha già svolto un test e che è di fatto il primo veicolo spaziale candidato per missioni di lunga durata con equipaggio. Potrebbe decollare verso Marte con a bordo 4-6 persone. Il modulo dell'equipaggio avrà una forma a tronco di cono (simile all'Apollo per intenderci), un diametro di 5,029 metri e una lunghezza di 3,302 metri, con una massa di 8,5 tonnellate e un volume interno di oltre 2 volte quello della capsula Apollo.
Il problema è che si tratta ancora di un veicolo piccolo, anche se più grande e confortevole della Soyuz.
Per capirlo basta guardare le numerose immagini e i video trasmessi dagli astronauti in missione di lunga durata sulla Stazione Spaziale Internazionale: svolgono una grande quantità di esercizio fisico perché è l'unico modo che hanno per contrastare alcuni degli effetti della microgravità, fra cui la perdita di tono muscolare e l'indebolimento delle ossa. In mancanza di questo esercizio, l'equipaggio una volta su Marte avrebbe difficoltà a muoversi, quindi soluzioni per esercitarsi sono indispensabili. La conseguenza è che la navicella spaziale deve essere abbastanza grande da contenere tutte le attrezzature del caso.
In secondo luogo, dovranno essere caricati a bordo tutti i rifornimenti necessari non solo per nutrirsi durante il viaggio, ma anche per il sostentamento nell'immediato dopo l'atterraggio. Più saranno gli astronauti a bordo più provviste serviranno, e questo è un aspetto inderogabile da considerare, anche alla luce di considerazioni che tratteremo nel prossimo articolo.
A questo punto entrano in gioco soluzioni alternative che sono tutte al livello di sviluppo. Si parla di moduli gonfiabili come il BEAM al momento in sperimentazione sulla ISS, che dopo il lancio potrebbe aumentare lo spazio utile a disposizione degli astronauti e consentire loro di svolgere sia esperimenti sia attività fisica. In sostanza all'idea di Musk si contrappongono soluzioni modulari in grado di allargare e comprimere lo spazio a bordo a seconda delle necessità. Un altro esempio che può rendere l'idea è la Mars Base Camp proposta da Lockheed Martin, ossia un laboratorio orbitante attorno a Marte che verrà occupato da sei astronauti. Le ipotesi allo studio sono molte, le trovate riassunte nell'articolo NASA, allo studio moduli per la vita nello spazio profondo.
Finora sono solo ipotesi la cui efficacia e fattibilità è tutta da valutare: l'industria è focalizzata sui razzi perché sarà il tempo di percorrenza a concorrere nel determinare quale tipo di navicella bisognerà usare. Più tempo gli astronauti dovranno passare in viaggio, più provviste e strumentazioni bisognerà caricare, e viceversa.
Le provviste
Quanto alle provviste, si tratta di una variabile tutta da valutare. L'idea di Musk al riguardo non è sbagliata: iniziare anni prima della missione umana a far atterrare su Marte voli cargo con attrezzature e scorte, di modo che all'arrivo gli astronauti abbiano tutto quello che gli occorre. Si parla di strumenti per la costruzione di abitazioni, per la produzione di carburante, per l'estrazione di acqua e per la coltivazione di cibo. Il problema infatti è che non è economicamente sostenibile rifornire dalla Terra una eventuale colonia marziana. Ma questo è un problema di cui parleremo la prossima settimana.